MONETE ED ANELLI: CRONOLOGIA, TIPOLOGIE, FRUITORI
CLAUDIA PERASSI
Fra le diverse classi della gioielleria monetale antica, gli anelli sembrano aver goduto di un successo che attraversa le diverse epoche, senza soluzione di continuità. Tale tipologia di monili,
inoltre, riveste un particolare interesse per la complessa rete semantica demandata agli anelli toutcourt, grazie alla loro funzione sigillaria, di simbolo di patto nuziale, di emblema di status sociale.
In questa sede mi occuperò essenzialmente della produzione di età romana.
Gli anelli dal tumulo di Ryzhanivka
Anche la categoria degli anelli attesta come il reimpiego delle monete in oggetti dell’ornamento
personale abbia avuto i suoi prodromi, sebbene attestati per noi da pochissimi pezzi, in età ellenistica.1 Mi riferisco ai tre esemplari ritrovati nella sepoltura contenuta nel grande tumulo di
Ryzhanivka, presso Kiev.2 La struttura dei monili è semplicissima, limitandosi alla saldatura, sul
rovescio di uno statere aureo della zecca di Panticapeo, di una o due sottili fascette semicircolari in
oro, che svolgono così le funzioni di verga. Due di essi furono ritrovati nel 1887,3 sopra alle ossa
della mano destra della donna inumata, mentre il terzo (Tav. I, 1)4 venne recuperato alla ripresa
delle attività di scavo nel 1995,5 nel corso di operazioni di verifica delle precedenti indagini. È
stato notato come due monete presentino chiare tracce di usura, mentre un anello dovette forse
subire un’operazione di restauro:6 tali osservazioni sembrano dunque accordarsi con la nuova
proposta di datazione della sepoltura, di poco anteriore al 270 a. C.,7 poiché la data di emissione
degli stateri viene oggi circoscritta fra il 330 e il 304 a. C.
L’aspetto complessivo degli anelli, pur rappresentando per noi un unicum, richiama modelli
ben attestati nella gioielleria coeva, nei quali una grande piastra metallica ovaleggiante, variamente
decorata, è innestata su un semicerchio d’oro. La loro deposizione in una sepoltura dal corredo
tanto rilevante, in associazione con l’abito cerimoniale indossato dalla giovane donna inumata,
denominata convenzionalmente ‘Principessa scita’ proprio per la ricchezza degli oggetti di accompagno,8 testimonia della loro considerazione quali ornamenti di prestigio. Il ruolo sacerdotale
esercitato dalla fanciulla, suggerito dalla decorazione a Menadi danzanti del suo copricapo, giustificherebbe la costante esibizione negli anelli del rovescio monetale, caratterizzato da una vigorosa
testa maschile, barbata e coronata di edera, variamente identificata con il dio Pan o con un Satiro.9
1
Per altri tipi di monili, richiamo le due cinture auree di produzione
egiziana con medaglioni decorati da un ottodramma di Tolomeo III e di
Tolomeo IV (Perassi 2004, p. 915).
2
Nel mondo scita non è infrequente il ricorso a temi dell’iconografia
monetale greca per la creazione di bratteae d’oro, utilizzate quali
ornamento delle vesti (Scythian Gold, p. 210).
3
Mielczarek 1986 (gr 10,236 - mm 20,4 x 20,9; gr 11,514 - mm 20,7 x
18,7).
4
Scythian Gold, p. 210 (gr 11,44 - mm 17 x 18).
5
Le indagini, dirette fra il 1995 e il 1997 da Jan Chochorowski e Sergej
Skory, furono indirizzate all’esplorazione della tomba maschile posta al
centro del tumulo (Chochorowski / Skoryi 1997; Chochorowski 2000).
6
Mielczarek 1986, p. 103; Chochorowski 2000, p. 43.
7
Chochorowski 2000.
8
Chochorowski / Skoryi 1997, pp. 91-92.
9
Chochorowski / Skoryi 1997, pp. 91-92. Moreno 2007, p. 184 avanza
invece l’ipotesi che gli originali proprietari degli anelli fossero mercenari
al soldo degli Spartocidi di Panticapeo.
1324
CLAUDIA PERASSI
La produzione di età romana
Quadro crono-tipologico
La documentazione riprende con l’età romano imperiale, accostandosi alla contemporanea, ingente creazione di monili nei quali le monete assumono una funzione esornativa. Gli anelli dovettero godere, però, di una diffusione notevolmente minore rispetto ai pendenti, che rappresentano
invece per noi la categoria più consistente. La mia ricerca ha permesso di aggiungere altri sette esemplari10 ai quindici classificati da Claude Brenot e Catherine Metzger nel loro lavoro sui gioielli
monetali dall’Occidente romano, edito nel 1992. L’esiguità della classe risalta anche dal confronto
con l’invece assai comune utilizzo di anelli nel mondo romano: basti citare il dato, non esaustivo,
proposto da Hèlène Guiraud ormai vent’anni fa, di oltre 3.000 pezzi rinvenuti nella sola provincia
della Gallia.11
Il momento della massima fortuna della gioielleria monetale romana corrisponde al III secolo
d. C., anche se non manca qualche raro antecedente databile tra la fine del I e la metà del II secolo.12
Anche nel caso degli anelli, la loro definizione cronologica deve essere basata sulla concordanza
di tre elementi: data di emissione della moneta, ambito temporale di diffusione della tipologia del
monile, elementi di contesto. Il primo indicatore costituisce infatti solo un termine post quem per
la fabbricazione dell’anello,13 che può essere meglio definito grazie al fatto che questa particolare
categoria di gioielli utilizza tipologie più o meno ampiamente diffuse nella produzione contemporanea, sostituendo con una moneta il più consueto ornamento della gemma. Per quanto riguarda i
contesti di rinvenimento, si deve purtroppo segnalare come la scoperta della massima parte degli
anelli monetali nel corso dell’Ottocento renda del tutto improduttiva in tal senso la consultazione
della bibliografia relativa, a causa della sua costante stringatezza.
L’uso di anelli monetali nella società romana non poté in ogni caso essere anteriore al principato
di Claudio, tenuto conto che essi esibiscono sempre nel lato a vista il ritratto imperiale. Secondo
Plinio (Nat. Hist. XXXIII, 12, 41), infatti, fu proprio in questo periodo che venne concesso a
coloro che godevano del libero accesso presso il princeps, il diritto di esibire sull’anello un suo
ritratto in oro.14 Indicazioni più precise possono essere ricavate dall’esame delle tipologie dei
monili che incastonano le monete di emissione più antica.
La prima di esse è rappresentata da un aureo di Traiano del 114-117: la sua trasformazione in
anello avvenne attraverso la saldatura sul rovescio delle estremità, leggermente appiattite, di una
barretta semicircolare in oro. Il pezzo, conservato al British Museum senza indicazioni circa la
provenienza (Tav. I, 2),15 appartiene però ad una tipologia diffusa in età molto più tarda, in cui, in
mancanza di un vero e proprio castone, la moneta viene racchiusa in una sobria cornice perlinata,
che ne consente la visione di entrambi i lati. Attestata in ambito longobardo e merovingio, non infrequentemente documenta il ricorso a nominali coniati anche alcuni secoli prima, come avviene,
per esempio, nell’anello con aureo di Tiberio rinvenuto in una tomba a Cividale del Friuli di poco
posteriore alla metà del VII d. C.16
Nel tentativo di meglio definire l’inizio della diffusione in Occidente della moda degli
anelli monetali, assume un’importanza notevole l’esemplare in bronzo dorato con denario
di Sabina Augusta, che Henkel catalogò segnalandone una generica origine dalla Svizzera
10
Si tratta degli anelli dalla Svizzera Occidentale, da Avenches, Aboukir,
Chichester, Poringland, Saint-Riquier-en Rivière, Velp.
11
Guiraud 1989.
12
Pirzio Biroli Stefanelli 1992, p. 88; Brenot / Metzger 1992, pp. 348-52;
Perassi 2004; Perassi 2007.
13
Vedi anche Brenot / Metzger 1992, p. 348.
Higgins 1961, p. 189. Lo storico annota come Vespasiano abbia in
seguito reso il principe equamente accessibile a tutti.
15
Marshall 1907, n. 259 (lascito Franks 1897).
16
Brozzi 1980.
14
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occidentale (Tav. I, 3).17 Il monile appartiene a un tipo in uso fra il I secolo d. C. e la prima
metà del III,18 nel quale la verga si allarga sulla spalla a formare un castone ellittico leggermente
ribassato. La stessa foggia è attestata anche da un anello aureo venuto alla luce nei sobborghi di
Orléans nel 1878, oggi noto solo grazie a un disegno (Tav. I, 4), che racchiudeva nella sottile
depressione ellissoidale un aureo di Pertinace del 19319 e da un esemplare, anch’esso d’oro, della
collezione Bassermann-Jordan di Monaco (Tav. I, 5), che Henkel indicò come caratterizzato
dall’inserimento di un aureo di Settimio Severo.20 La mancanza di una scritta disposta intorno
al busto imperiale e la notazione che il ritratto costituisce un tutt’uno con la superficie metallica
del monile, rende però più esatta una sua classificazione quale anello ‘pseudomonetale’. Gioielli
siffatti, che richiamano cioè nell’elemento decorativo il Diritto di una moneta, riproducendo un
ritratto imperiale visto di profilo, sono noti già nel II secolo, come documenta l’esemplare in
bronzo con testa di Antonino Pio da Baden im Aargau,21 con una diffusione ancora alla metà del
III, epoca alla quale appartiene un massiccio pezzo in oro decontestualizzato, contraddistinto
da un busto imperiale con corazza e corona di lauro, nel quale sembra di poter riconoscere
Valeriano I (Tav. II, 6).22
Un nominale in argento di Adriano fu utilizzato con funzione ornamentale in un anello nello
stesso metallo rinvenuto ad Avenches,23 nel quale le spalle, assai più larghe della fascia sulla
parte posteriore del monile e decorate da un motivo a doppia voluta, fiancheggiano il sottile
castone circolare che trattiene la moneta. Questo tipo di anelli di particolare pregio, in uso tra
la fine del II secolo e il 260-270 circa,24 risulta essere il più diffuso nell’ambito della gioielleria
monetale, con qualche variazione per quanto riguarda l’ornamentazione delle spalle. Incisioni
riunite a ventaglio in numero diverso sono sull’anello d’oro rinvenuto nei dintorni di Santapola
(loc. ‘La Senia’, Alicante) con aureo di Marco Aurelio,25 su quello invece argenteo con denario
di Settimio Severo e Caracalla da Chichester (West Sussex; Tav. II, 7),26 e su quelli, ancora in
oro e decorati con aurei, scoperti nei dintorni di Autun (Postumo), a Poringland (Norfolk; Postumo) e Laizy (Saône-et-Loire; Tetrico I; Tav. II, 8, 9).27 Motivi a pelte disposti lungo il bordo
delle spalle, così da far loro assumere talora un profilo articolato, si ritrovano su quattro anelli
d’oro conservati al British Museum: uno con aureo di Settimio Severo, forse recuperato nella
Saona,28 un secondo di ignota provenienza con aureo di Elagabalo,29 un terzo con quinario aureo di Severo Alessandro venuto alla luce a Ilchester (Somerset; Tav. II, 10)30 e un quarto che,
del tutto incongruamente, racchiude un tremisse di Giustiniano,31 tanto da far sospettare un inserimento della moneta secoli dopo l’effettiva fabbricazione del monile, come sembra indiziare
anche il suo malagevole inserimento nel castone, più adatto per le sue proporzioni al contenimento di una gemma.
In questa classe merita una citazione particolare, per la sua originalità, l’articolato anello in
bronzo dorato da un ritrovamento occasionale nei pressi di Nicopolis ad Istrum (Veliko Turnovo,
Bulgaria; Tav. II, 11). In esso la pesante fascia si ingrossa e si allarga nelle spalle ornate da due
17
Henkel 1913, n. 1856 (Neuchatel, Collezione Clément).
Guiraud 1989, tipo 2f-g.
19
Desnoyers 1895-7; Mowat 1889, n. 7 (indica il rinvenimento nel
1869); Brenot / Metzger 1992, n. 28.
20
Henkel 1913, p. 168.
21
Henkel 1913, p. 154, n. 1696.
22
Monnaies Antiques, Luzern 1936, n. 2176.
23
Henkel 1913, pp. 54-55, n. 398.
24
Guiraud 1989, tipi 3f-g.
25
Ramos Folques 1959, pp. 135-36; Brenot / Metzger 1992, n. 62.
18
26
Down 1978, pp. 7-11 (Chichester District Museum); Johns 1996, p. 58
(la fascia è spezzata).
27
Autun Augustodunum, p. 192, n. 361; Brenot / Metzger 1992, nn. 23
(Paris, Bibliotèque Nationale, acquisto 1943), 24 (Autun, Musée Rolin);
Sussams 1999 (Londra, British Museum).
28
Mowat 1889, n. 9; Marshall 1907, n. 261; Brenot / Metzger 1992, n. 25.
29
Marshall 1907, n. 265 (lascito Franks, 1897); Yeroulanou 1999, n. 243.
30
Marshall 1907, n. 267; Brenot / Metzger 1992, n. 56; Johns 1996, p. 58.
31
Mowat 1889, n. 10; Marshall 1907, n. 262; Dalton 1912, n. 131 (ex
collezione Castellani 1865).
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CLAUDIA PERASSI
pelte contrapposte, assumendo sulla parte anteriore una forma esagonale, movimentata da ornamentazioni lineari e a volute. Nel castone ellissoidale è inserita una moneta di Settimio Severo,
presumibilmente in argento, ricoperta anch’essa d’oro.32
La collezione del British Museum custodisce anche due anelli aurei piuttosto massicci, nei
quali – pur con qualche lieve variante – le robuste spalle triangolari sono percorse da profonde
incisioni longitudinali, che terminano lungo il profilo del castone in volute simmetriche. Ulteriori
volute circondano il profilo superiore e inferiore dell’alloggiamento della moneta, così che questo
risulta contornato da un susseguirsi di motivi a ricciolo. Le monete appartengono alla produzione
di Caracalla33 e di Diocleziano (Tav. III, 12),34 concordando pertanto con la cronologia di questo
tipo di anelli, caratteristico del III secolo.35 Ma esso è ripreso anche in un monile che incastona un
solido di Costanzo II del 343, acquistato dal Royal Coin Cabinet dell’Aja nel 1927, per il quale si
ipotizza un ritrovamento a Kleve (Land Nordrhein-Westfalen; Tav. III, 13).36 La notevole discrasia cronologica sembra indicare nuovamente una sostituzione dell’elemento decorativo.37
Gli anelli monetali più spettacolari a noi pervenuti sono rappresentati da due esemplari aurei,
nei quali le ampie spalle cuoriformi sono alleggerite da un raffinato lavoro in opus interrasile
con motivi a pelte e volute, secondo una tipologia che ha ampi riscontri nel III secolo.38 Il primo,
scoperto in un sobborgo di Amiens nel 1760, racchiude nel castone a dodici lati un quinario aureo
di Massimino il Trace (Tav. III, 14).39 Il secondo, con aureo di Settimio Severo (Tav. III, 15), fu
posto in vendita nel 1959, con una precisazione della sua origine da Aboukir,40 non so quanto attendibile, anche se l’Egitto ha restituito alcuni fra i più pregevoli gioielli monetali romani.41 Non
trova ad ora confronti in altri anelli con moneta la presenza di un’incisione onomastica (MARCILLIN)
lungo l’alto castone poligonale.
A fronte della varietà tipologica e della relativa abbondanza di anelli con monete emesse nel
III secolo, si fa più raro l’utilizzo con funzione ornamentale in questo genere di monili di nominali
coniati nel IV e nel V secolo. I pochissimi pezzi sono per lo più conosciuti solo a livello bibliografico, come è per quello in rame con moneta in bronzo del tipo ISIS FARIA, conservato nel XVII
secolo nella collezione francese de Peiresc,42 o per quello dall’ex collezione Evans, con solido di
Teodosio II del 430-440, scoperto a Londra nel 1880 e descritto da Mowat come dotato di una
lavorazione a giorno e con il Rovescio della moneta rivolto all’esterno.43 Nel corso di un’asta
del 1995, venne invece battuto un anello aureo con solido di Onorio della zecca di Mediolanum,
anch’esso dotato di motivi traforati sulle spalle, mentre la moneta è contornata da una serie di
perline auree (Tav. III, 16).44 Il pezzo si segnala per il luogo di ritrovamento, ossia Velp (Geldernland), richiamando immediatamente l’omonimo tesoro venuto alla luce nel 1715, costituito, oltre
che da monete auree precedenti al 423-425, anche da cinque pendenti d’oro con multipli monetali,
uno dei quali, emesso a Mediolanum, proprio a nome di Onorio.45
32
Ruseva-Slokoska 1991, n. 264 (Sofia, Museo Nazionale). La moneta
viene descritta come un nominale in bronzo, ma le dimensioni del castone
(mm 23 x 19) sembrano inadatte per un esemplare eneo di Settimio Severo.
L’anello trova uno stringente confronto con quello in oro con agata nera
ritrovato a Ennetbaden AG, per il quale Deppert-Lippitz 1988 indica una
produzione nella prima metà del III d. C.
33
Mowat 1889, n. 12 (fino al 1889 nella collezione Hoffmann; poi in
quella Rollin e Feuardent); Marshall 1907, n. 263 (lascito Franks, 1897).
34
Marshall 1907, n. 264 (ex collezione Braybrooke; lascito Franks, 1897).
35
Ruseva-Slokoska 1991, p. 82 (type V, variant 1).
36
Zadoks / Jitta 1981, pp. 59-60 (con provenienza ignota in Zadoks-Jitta
1957, p. 458); Brenot / Metzger 1992, n. 47.
37
Brenot / Metzger 1992, p. 343.
Yeroulanou 1999, p. 69.
39
Mowat 1889, n. 4 (Parigi, Bibliothèque Nationale, ex collezione
Pellerin); Brenot, Metzger 1992, n. 43; Yeroulanou 1999, n. 287.
40
Ars Antiqua 1959, Auktion I, Mai 1959, n. 153; Yeroulanou 1999, n. 288.
41
Perassi 2004, pp. 903-908.
42
Mowat 1889, n. 14.
43
Mowat 1889, n. 11; Brenot, Metzger 1992, n. 57.
44
Società di Banca Svizzera, Gold and Silber Münzen, September 1995,
n. 437.
45
Brenot, Metzger 1992, n. 81.
38
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Del tutto originale, infine, è un anello aureo conservato al British Museum, ritrovato nel letto
della Senna, a Rouen (Tav. III, 17).46 Un alto castone troncoconico in opus interrassile racchiude
un solido di Marciano, mentre in posizione opposta è collocato un secondo castone, più piccolo,
nel quale è un carbonchio rosso: i due alloggiamenti sono raccordati fra loro dalle sagome di due
leprotti accovacciati, che li reggono con le zampe e con le code. Il confronto piuttosto puntuale
con un bracciale di probabile origine egiziana, datato al VII secolo,47 rende ipotizzabile un riuso in
gioielleria della moneta di Marciano qualche secolo dopo la sua emissione, secondo una tendenza
già segnalata per gli anelli successivi all’età romano-imperiale.
Fruitori e contesti di deposizione
Delineato il quadro crono-tipologico degli anelli monetali romani, restano tuttora aperte numerose
questioni: innanzitutto quella relativa alla loro funzione e ai loro fruitori. Gli oggetti in sé ci
aiutano solo con la menzione del nome del proprietario inciso sull’esemplare da Aboukir,48 privo
però della desinenza finale, così da impedire il suo riconoscimento in un Marcillinus piuttosto che
in una Marcillina. Il tema è stato affrontato, sia pure rapidamente, soprattutto da Frederick Henry
Marshall, nella sua opera sugli anelli conservati al British Museum, edita nel 1907.49 Lo studioso
ritenne dunque probabile che essi rappresentassero decorazioni elargite dall’imperatore ai soldati
distintisi sui campi di battaglia. L’ipotesi gli parve confermata dal soggetto del Rovescio di quattro
pezzi della collezione londinese, di tipo militare.50 Friedrich Henkel, pochi anni dopo, nel suo
fondamentale lavoro sugli anelli romani dalla regione del Reno, sembra considerare verisimile
tale ricostruzione, che si inserisce nella complessa, e ancora piuttosto confusa questione, relativa
al diritto all’uso di anelli aurei nella società romana, dove fu rigidamente codificato.51 Chiamato in
causa è soprattutto un rescritto di Settimio Severo del 197, riportato da Erodiano (III, 8, 5), con il
quale venne accordato ai soldati il diritto all’anello d’oro: si tratterebbe di tutti i legionari secondo
alcuni studiosi,52 solo dei principales secondo altri.53
A favore di tale interpretazione potrebbe militare lo scarso numero di anelli monetali pervenuti
e la loro sempre alta qualità: come ho già ricordato, essi risultano assai meno attestati rispetto ai
pendenti monetali, che possono però talora essere di una fattura piuttosto trascurata, indizio di una
produzione, almeno in età medioimperiale, in un ambito non ufficiale.54 Anche il dato cronologico,
con uno sviluppo della classe soprattutto nel corso del III secolo, potrebbe confermare un legame
con il provvedimento di Settimio Severo.
Si tratterebbe pertanto di monili di uso esclusivamente maschile.55 I diametri interni che mi
sono noti, si attestano intorno ai 19/21 mm,56 con una misura massima di 24, adatti dunque a dita
virili, tenuto anche conto che, secondo Plinio (XXXIII, 6, 24), era costume indossare anelli a tutte
le dita della mano, compresa la zona delle articolazioni,57 ad esclusione del medio, considerato
46
Dalton 1912, n. 130 (lascito Franks 1897); Yeroulanou 1999, n. 300.
Yeroulanou 1999, n. 234.
48
Per anelli non monetali con iscrizioni onomastiche, Yeroulanou 1999,
p. 165.
49
Marshall 1907, p. XX.
50
Victoria con corona e palma (n. 260), i Tetrarchi sacrificano davanti
alle mura cittadine (n. 264); Roma con Victoriola (n. 265), Marte con
trofeo e lancia (n. 266).
51
Pur in presenza di deroghe ad personam, all’inizio dell’età imperiale
l’utilizzo dell’anello in oro dovette essere riservato agli uomini di rango
senatoriale e in parte anche equestre. Nel 23 d. C. al possesso del censo
equestre venne unito il requisito di una nascita da padre e nonno liberi,
47
mentre l’esigenza patrimoniale fu abolita da Commodo. Seguirebbe,
secondo Deloche 1896, p. 204, già nel corso del primo terzo del III secolo,
l’estensione della concessione a tutti gli ingenui.
52
Deloche 1896, p. 197; Marshall 1907, p. XX; Guiraud 1989, p. 174, nota 1.
53
Henkel 1913, p. 337.
54
Perassi 2004, p. 921.
55
Così Metzger 1980, p. 82.
56
I pesi variano da gr 11,85 a gr 37,44.
57
Tale uso è riservato da Clemente Alessandrino solo alle donne (Paid.
III,11), mentre agli uomini concede di indossare anelli unicamente alla
base del mignolo.
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CLAUDIA PERASSI
impudico. Non manca, però, qualche anello di dimensioni ancora minori, come quelli da Nicopolis
(mm 15 x 19), Avenches (mm 21,5 x 15) e Chichester (mm 16), che sembrerebbero più consoni a
mani femminili.
La nostra documentazione attesta poi la produzione anche di anelli in metalli diversi dall’oro,
ossia, come si è visto, in argento e in bronzo dorato. Se i primi potrebbero essere riferiti a schiavi
affrancati, ai quali era riservato l’uso dell’anello in tale metallo,58 un dono imperiale per meriti di
guerra costituito da un monile solo ricoperto d’oro sembrerebbe assumere quasi la connotazione
di un raggiro. La consuetudine di rivestire con foglie auree nominali coniati in argento o mistura
è comunque attestata anche da qualche raro pendente monetale, che utilizza, però, costantemente
l’oro per il sistema di fissaggio e sospensione della moneta.59
La distribuzione dei ritrovamenti comprende il territorio dell’Impero dall’Hispania alla Dacia,
dalla Britannia all’Egitto,60 con una concentrazione nella Gallia, com’è anche per la classe dei
pendenti monetali, e con una certa propensione per l’ambito urbano.61 La localizzazione delle officine di produzione è una questione di ancora più complessa soluzione, soprattutto a causa della
esiguità della nostra documentazione: segnalo, però, come la pressoché identica struttura dei due
anelli con spalla a ventaglio rinvenuti ad Autun e a Laizy, località distanti solo 13 km., potrebbe
indicare una loro fabbricazione nella stessa bottega.62
Se molti anelli furono recuperati casualmente e senza associazione con altri oggetti, in qualche
raro caso si può ricostruire un loro più complesso contesto deposizionale. L’esemplare in argento
da Levesville-la-Chenard, loc. ‘La Mône’ (Eure-et-Loir),63 venduto subito dopo la scoperta nel
1859, del quale la bibliografia annota soltanto il riuso di una moneta d’oro di Marco Aurelio,
venne ritrovato in un vaso, insieme con c. 10.000 monete da Augusto a Postumo o Vittorino.64
Analogamente quello da Rouen faceva parte di un tesoro costituito da altri gioielli e monete, seppellito intorno alla metà del III secolo, mentre la pertinenza dell’anello da Amiens a tale classe
di ritrovamenti rimane più incerta, per la sua solo ipotetica associazione con due anelli e con un
piccolo gruzzolo di sesterzi del II d. C.65
L’esemplare da Orléans potrebbe invece provenire da un deposito funerario.66 Tale origine
è certa per quello da Chichester, ritrovato nella cremazione n. 3 della necropoli cittadina (scavi
Northgate 1973-1974), il cui periodo di utilizzo si estende dall’inizio alla metà del III secolo.67 La
presenza nella sepoltura di un paio di anellini in bronzo molto corrosi, da interpretare forse quali
orecchini,68 indizierebbe la cremazione come femminile, dato che parrebbe confermato dal diametro interno dell’anello.69 Si segnala, infine, il probabile ritrovamento nella Saona70 dell’anello
58
Deloche 1896, pp. 205-207.
Perassi 2007, pp. 251-52.
60
Un corredo tombale da Nissoria (EN; 1953) ha restituito un modesto
anello a fascia in argento, databile al VI-VII secolo, con castone circolare
che trattiene una moneta argentea di Valentiniano III (Baldini Lippolis
1999, pp. 192; 205, n. 13).
61
Così è anche per le gemme e i cammei utilizzati in anelli non monetali
dalla Gallia (Guiraud 1988, pp. 70-71).
62
La forma del castone è però ottogonale in un caso, circolare nell’altro.
Sulla cautela che si impone in una ricerca di questo tipo, basata solo su
comparazioni stilistiche, vedi Guiraud 1989, p. 209.
63
Ferdiere 1986, n. 37; Brenot / Metzger 1992, n. 10.
64
In Gallia, l’occultamento di anelli all’interno di tesori è frequentemente
documentato (Guiraud 1989, p. 206).
65
Brenot / Metzger 1992, n. 16; Callu / Loriot 1990, p. 446.
66
Nella stessa località era stato ritrovato in precedenza un altro anello
59
aureo, di dimensioni minori, con gemma raffigurante Victoria (Desnoyers
1895-7, pp. 378-79).
67
Down 1978, pp. 8-9.
68
Gli oggetti di corredo comprendevano anche una spilla circolare in
bronzo smaltato e due frammenti molto usurati di un probabile orecchino
in argento.
69
Ringrazio Bernie Spiegelhalter, del Chichester District Museum, per
avermi messo o disposizione dati inediti e fotografie dell’anello.
70
La bibliografia è al riguardo piuttosto confusa. Mowat 1889, n. 9
segnala il passaggio di un anello trovato ‘dans la Saône’ nella raccolta
Charvet e una sua possibile destinazione finale al British Museum.
Marshall 1907, n. 261 indica solo una provenienza del pezzo dalla
collezione Castellani 1865 e, ipoteticamente, da quella Charvet. Per Brenot
/ Metzger 1992, n. 25 l’anello del museo londinese è certamente quello
originariamente presente in quest’ultima raccolta, a sua volta rinvenuto
nella Saona.
MONETE ED ANELLI: CRONOLOGIA, TIPOLOGIE, FRUITORI
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con aureo di Settimio Severo, conservato oggi a Londra, così da far ipotizzare un suo deposito
nelle acque del fiume con funzione rituale.71
Anche la classe degli anelli, infine, partecipa della ancora oggi irrisolta questione che è alla base
di tutta la produzione romana di gioielli monetali, ossia il motivo per cui si ricorse all’inserimento
in oggetti dell’ornamento personale di monete pro gemmis. Sono state avanzate al proposito numerose ipotesi, che spaziano da motivazioni di tipo economico, con una finalità di tesaurizzazione
delle monete, al valore ideologico / politico del ritratto imperiale esibito pubblicamente, a una più
semplicistica questione estetica che predilige monili vistosi, a un anticipatore gusto collezionistico
per esemplari di particolare bellezza, a una funzione amuletico-talismanica demandata alla moneta
portata su di sé.
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71
Sulla dedica degli anelli ai fiumi e alle sorgenti ‘in dem Bestreben, sich
die Gottheit freunlich gesinnt zu machen’, vedi Henkel 1913, pp. 349-50.
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